Imprenditoria femminile: la realtà… nella fiction!

Nel titolo del post ho un po’ giocato con le parole, ma nemmeno tanto: la fiction dedicata a Luisa Spagnolitrasmessa da Rai 1, infatti, ha mostrato un modello di imprenditoria femminile a cui oggi si aspira… e che, paradossalmente, è già esistito. La cosa più divertente? Scoprire la realtà guardando una fiction! Sono certa che anche tu, se hai seguito la mini-serie, hai sgranato gli occhi.

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Fiction "Luisa Spagnoli" - 1^ puntata - www.rai.tv

Imprenditoria femminile, creatività, lungimiranza

Non conoscevo la storia della signora Spagnoli o, meglio, la conoscevo solo in parte. Avevo sempre accostato il suo nome alla nota catena di negozi di abbigliamento, ma non sapevo fosse l’ideatrice del “Bacio Perugina”, delle caramelle “Rossana” e, soprattutto, un’imprenditrice così lungimirante da rinnovare continuamente il proprio business, valorizzando il ruolo della donna sotto ogni aspetto: persona, lavoratrice, madre. Stiamo parlando dei primi del ‘900… per questo, dovremmo riflettere.

Oggi continuiamo a discutere su cose assurde, su diritti che nel 2016 dovrebbero essere acquisiti già da un bel pezzo e, invece, ne parliamo come se dovessimo raggiungere l’obiettivo del secolo.
Senza contare le imprese che si dichiarano “innovative” solo perché hanno deciso di aprire un asilo aziendale. Dopo aver visto questa fiction non posso più ritenerli dei “passi avanti”. Mi spiego?

Sono sempre stata convinta che certe buone prassi dovrebbero esistere a prescindere, per comune buonsenso, ma ora ho la prova che questa società, che si crede tanto avanzata, forse dovrebbe guardarsi indietro. Dopotutto notiamo la cura del dettaglio nel passato anche osservando l’arte, l’architettura: pensiamo a strade, chiese, castelli, costruiti in tempi remoti, ma ancora bellissimi e solidi (mentre alcune costruzioni recenti, diciamolo, crollano improvvisamente al primo colpo di vento…)

Disonestà e disattenzione sono sempre esistite, ma credo che oggi si sia perso di vista l’orgoglio e, ancora più importante, il rispetto di sé e degli altri. Impedire a una donna incinta di lavorare, licenziarla, renderle la vita impossibile o, peggio, costringere tutti i lavoratori (uomini e donne) a operare in condizioni pessime (ambienti pieni di umidità, poco sicuri, poco puliti), penso sia soprattutto il risultato di un menefreghismo cinico e contagioso.

Donne, lavoro, famiglia: conciliare si può!

Luisa Spagnoli era attenta ai suoi affari, ma non perdeva mai di vista il benessere delle sue operaie. Questa è la caratteristica che mi ha colpito di più. In un periodo in cui le donne lavoratrici erano una minoranza, in cui l’indipendenza era ancora un sogno, la creatrice della Perugina aiutò molte di loro a essere attive e utili per se stesse (oltre che mogli e madri). Oggi, invece, dobbiamo quasi scegliere!

L’asilo aziendale progettato dalla Spagnoli, infatti, consentì alle sue dipendenti di avere vicini i propri piccoli e, in particolare, di assentarsi durante l’orario di lavoro per l’allattamento: una momentanea assenza retribuita. R-e-t-r-i-b-u-i-t-a!

Mi sono chiesta: perché ora tante difficoltà e resistenze? Proprio in un’epoca in cui le nuove tecnologie potrebbero essere il nostro faro, dobbiamo ancora affannarci a far capire l’importanza dello smart working, del telelavoro, dell’e-learning… così come del diritto (sia dei papà, sia delle mamme) di seguire i primi mesi di vita dei propri bambini. Perché?!

Alimentare un circolo virtuoso per il bene di tutti

Credo, come scritto in precedenza, che il motivo sia uno soltanto: oggi non si pensa più al benessere collettivo, non c’è più reciprocità, non si vuole ascoltare e non si vuole comprendere. Ognuno pensa per sé e, come al solito, il denaro comanda le azioni.

Per guadagnare e accumulare, molti sono ormai disposti a calpestare diritti inviolabili, a non vedere l’insostenibilità di certe situazioni, a risparmiare su beni essenziali. Senza rendersi conto che sarebbe più intelligente alimentare un circolo virtuoso e dare, così, un po’ di ossigeno al singolo, al gruppo, al business e a questa società che, ciecamente, si auto-distrugge da troppo tempo.

Il discorso sarebbe lungo, ma mi fermo qui. Sono contenta che abbiano deciso di raccontare la storia di questa brava imprenditrice. Una donna come tante, con le sue sfaccettature, debole e forte, creativa e ambiziosa, decisa e comprensiva. Capace di vedere oltre, come tutti noi dovremmo fare. Un esempio davvero valido da cui prendere ispirazione.